Il treno viaggia veloce attraversando i campi della pianura.
Ogni goccia di pioggia scivola lungo il vetro del finestrino lasciandosi dietro
una scia con un’inclinazione sempre diversa verso il basso, ma sempre
leggera a causa dell’accelerazione del treno, talvolta praticamente
orizzontale: sembra quasi che le gocce facciano volutamente attenzione a non
incrociarsi, ma ovviamente dipende dalla diversa altezza a cui hanno battuto sul
vetro, dalla velocità, dall’angolo di incidenza e dalla dimensione
e forma di ogni goccia, e tutto questo in relazione alla velocità del
treno.
Ogni scia segue la propria goccia a pochi centimetri di distanza,
probabilmente in funzione della quantità d’acqua iniziale e della
diversa distribuzione della quantità di moto dopo l’impatto con il
vetro del finestrino.
Ogni tanto, una goccia piega improvvisamente a scivolare in verticale: forse la
coda della sua scia ha accelerato per qualche motivo appesantendo la goccia in
testa quel tanto che basta per fare vincere la forza di gravità; ma un
paio di centimetri più in basso la goccia incrocia la scia di
un’altra goccia e si fonde con essa distribuendosi uniformemente in
orizzontale senza causare altre deviazioni.
Mi torna in mente qualcosa che avevo studiato anni fa sui salti di livello di
energia degli elettroni nel loro orbitale attorno al nucleo dell’atomo:
se un elettrone cede energia, salta al livello di energia inferiore e
l’energia ceduta viene emessa come fotone… o qualcosa del
genere.
Quante variabili!
Massa, velocità direzione, temperatura, impurità…
Il vetro del finestrino ad occhio nudo è perfettamente liscio e
trasparente, ma sicuramente presenta imperfezioni microscopiche ma sufficienti
ad introdurre altre variabili tutte altrettanto incontrollabili.
I miei pensieri proseguono da soli, lontano, cercando di tracciare regole
impossibili per ciò che non è controllabile come vorrebbe la mia
mentalità analitica.
Sì, io vorrei che il mondo attorno a me, la vita, tutto fosse regolare e
regolato anche se da meccanismi così complessi da rimanere molto lontani
dalla comprensione degli uomini. Allora poche persone dotate di particolare
ingegno e profondità di pensiero, impegnando la maggior parte delle
proprie risorse, potrebbero di tanto in tanto riuscire a rilevare qualcuna di
queste regole, anche se solo in parte e con un certo margine di errore, e questo
rappresenterebbe un loro piccolo vantaggio sugli altri nel proprio ambiente,
qualcosa che consentirebbe di esercitare un minimo controllo sulle dinamiche
degli eventi e delle relazioni tra le persone. Prima o poi certe cognizioni
potrebbero diventare alla portata di più persone, e allora bisognerebbe
sforzarsi di ritagliarsi un altro piccolo vantaggio; anzi i più capaci
potrebbero cogliere i primi segnali del mutare della situazione e attrezzarsi
per tempo.
Quale altra società, quali altre condizioni di convivenza sarebbero
più eque?
Certo, alcuni si conquisterebbero delle posizioni che garantirebbero dei
vantaggi perduranti (cosa che avviene comunque e credo che sarebbe inevitabile
in ogni caso e non ci trovo niente di male); ma per gli altri ci sarebbe la
possibilità di realizzarsi nella vita a seconda delle proprie
potenzialità, di come le si sanno mettere a frutto e dell’impegno
che ci si mette. Sicuramente ci sarebbe ancora una componente di fortuna per le
potenzialità iniziali di ognuno, ma questa aleatorietà
dipenderebbe sostanzialmente dai frutti delle capacità espresse
precedentemente nel proprio ambiente e poi, in ogni caso, la
responsabilità di proseguire per la stessa strada virtuosa, anzi la
responsabilità di continuare a progredire senza dilapidare i doni
ricevuti, tornerebbe a ricadere sul singolo individuo.
Tanto tempo fa, pensavo che in un mondo del genere io sarei stato uno dei
più bravi, che sarei stato bene e, non coltivando ambizioni
particolari, me ne sarei potuto restare sereno, nell’ombra, come
è nella mia natura.
Adesso non credo più che sarei comunque riuscito a raggiungere tutti i
miei obiettivi, ma mi piace pensare che avrei potuto vivere serenamente anche
dei fallimenti importanti pur di poter dire di aver ottenuto i risultati
corrispondenti alla mia capacità individuale di rapportarmi con un mondo
corretto, un mondo che funziona secondo regole complesse proprio per stimolare
il progresso dell’umanità attraverso il successo dei singoli
individui nel carpirle e volgerle a proprio vantaggio.
Che senso ha l’appiattimento generale?, che senso ha una società
che ha perso il suo scopo naturale di strumento al servizio del benessere del
singolo individuo ed è divenuta ormai solo una massa informe che si
autoreferenzia?
Quando la mia attenzione ritorna al presente, sul finestrino del treno, il
vento ha cambiato direzione; la pioggia è diventata più fitta e
con gocce più piccole; i percorsi sul vetro prima orizzontali vengono
spezzati in verticale disegnando prima una specie di griglia indefinita e poi un
informe puntinato.
I miei pensieri fuggono ancora un momento per immaginare l’analogia con un
cancellino passato su una lavagna riempita di complesse funzioni matematiche e
che lascia solo il disordine di un alone bianco di gesso sul piano nero di
ardesia.
Troppe variabili!
Fin quando è solo pioggia sul finestrino, lasciare che la mia fantasia la
osservi liberamente può essere un modo per far passare qualche minuto di
questo viaggio; ma, per altro, io faccio fatica a gestire tutta questa
impredicibilità, tutta questa mancanza di controllo.
E non capisco come fanno gli altri a continuare a girare in tondo, come fanno a
non fermarsi per notare cose come le gocce di pioggia che scivolano su un
finestrino.
La copia letterale e la distribuzione di quest’opera nella sua integrità sono permesse con qualsiasi mezzo, gratuitamente, a condizione che questa nota sia riprodotta.