Composizioni

I miei esercizi di scrittura

Tempesta

Orbassano, 18 gennaio 2008

Pesanti nuvoloni di fumo e di fuoco ribollono bassi nel cielo rotto dai fulmini; l’aria e la luce sono strozzate. Nel buio innaturale il mare acido è nero come catrame; enormi onde dalle creste piumate di schiuma si gonfiano a raffiche che si abbattono sugli scogli con un rombo più assordante di quello dei tuoni.

Gli uomini-becco

Orbassano, 25 luglio 2007

Il bambino gioca nell’ingresso; è la stanza più buia della casa perché è stretta, senza finestre, e le mattonelle del pavimento sono di un marrone ancora più scuro di quello del mobile a parete; il bambino ha paura e allo stesso tempo è attratto dal buio. Soprattutto nell’ingresso il bambino può stare da solo, ad esempio quando c’è qualche ospite che sta nel tinello con i suoi a chiaccherare.

Vorrei essere per te

Collegno, 20 giugno 2007

Vorrei essere il tuo pettine, così tutte le mattine potrei passare le mie dita tra i tuoi capelli; poi mi appoggeresti sul piano sotto lo specchio ed io ti potrei guardare mentre fai simpatiche smorfie nel truccarti e ti passi il rossetto sulle labbra; come lo invidierei quel rossetto! Vorrei essere il tuo giaccone, così potrei abbracciarti e tenerti calda in inverno; ma poi vorrei che l’estate non arrivasse mai.

Il giocattolo

Collegno, 20 maggio 2007

Il giocattolo sta sul piano della libreria, un po´ stretto tra i libri e in compagnia di qualche altro gioco sparso; aspetta che il suo padroncino venga a giocare un po´ con lui. È così che il giocattolo passa le sue giornate: ad aspettare, senza fare mai niente, niente di speciale, niente che valga la pena di essere raccontato; solo aspettare di poter passare un po´ di tempo con il suo padroncino, anche solo un’ora, anche solo qualche minuto di felicità; poi viene di nuovo posato nel suo angolo della libreria ad aspettare senza fare niente fino alla prossima volta.

Il ragno

Orbassano, 15 marzo 2007

Il ragno è perso, smarrito nella sua stessa ragnatela, un labirinto di pensieri, di considerazioni, di parole. Ma com’è successo? Sono parole che il ragno non ha mai detto, che ha preferito non dire, che non ha mai sentito, che non ha mai voluto sentire. Però è vero: queste parole il ragno le ha pensate, se le è immaginate, le ha sognate, e adesso sono tutto intorno a lui.